Lavorare all’estero come sviluppatore software

Lavorare all'estero come sviluppatore software

By on Sun Jan 23 in Amsterdam, Lavoro, Software


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Sommario

  • Introduzione
  • Perché lasciare l’Italia
  • Cattiva gestione e collaborazione
  • La decisione
  • Perché i Paesi Bassi? Perché proprio Amsterdam?
  • L’industria high tech nei Paesi Bassi
  • 30% ruling
  • Primo impatto
  • Shock culturale
  • Dopo 5 anni

Introduzione

Ho scritto questo post per raccontare brevemente il perché nel 2016 ho deciso di espatriare e lavorare all’estero come sviluppatore software.

Perché lasciare l’Italia

Sono passati 5 anni da quando ho lasciato l’Italia per trasferirmi nei Paesi Bassi. Ho lavorato come software developer per circa 11 anni in Italia, piú precisamente nel profondo nord ovest. A quel punto ero stanco, stanco di tutto quello che avevo visto:

  • aziende fallite per decisioni manageriali sbagliate;
  • piccole aziende che galleggiavano da anni nella mediocritá dei fatturati e dei salari;
  • agenzie di recruitment che pensano agli sviluppatori come si pensa alla carne da macello;
  • aziende mezze pubbliche che non possono licenziare gli scansafatiche perché assunti in virtú di conoscenze nelle alte sfere;
  • manager che trattano collaboratorri e dipendenti come fossero animali da circo;
  • grosse aziende perennemente in ritardo che non vedono l’ora di assumere collaboratori esterni all’ultimo minuto per scaricare su di loro TUTTA la colpa del ritardo.

Cattiva gestione e collaborazione

Una volta, lavorando su un grosso progetto internazionale, alla fine di una sfuriata, un “manager” tiró un mazzo di chiavi contro un suo collaboratore. Il tutto successe in mezzo all’open space condiviso da due team, circa venti persone. Lo stesso manager, su un altro progetto e qualche anno dopo, mi gridó contro come un pazzo per un valore sbagliato su un database e il giorno dopo chiese scusa per la sfuriata a tutto il team, tranne che a me.

Durante un’altra esperienza, in un’agenzia di consulenza di provincia, sono stato personalmente minacciato “di essere investito con la macchina” dal capo di questa “azienda”, un malato mentale con problemi di dipendenze.

E ancora, si sprecano le occasioni in cui i manager di turno facevano la battutina “Fai solo mezza giornata oggi?” quando il collaboratore o il dipendente staccava giustamente alle 18, dopo tutta la giornata passata in ufficio.

Purtroppo peró le persone hanno paura di dire o fare qualcosa che va contro questi atteggiamenti: spesso non hanno la forza o il coraggio di trovare altro impiego perché nella zona non c’é effettivamente altro e un cambio significa percorrere decine di chilometri al giorno per andare e venire dall’ufficio.

La decisione

Le ho provate tutte, da dipendente a freelancer, docente in istituti privati, fino a startupper. Ho parlato con alcuni investitori per un’idea di applicazione riguardanti la cannabis. In Italia peró, ancora nel 2015 parlare di cannabis era tabú, e forse lo é ancora adesso, cosí decisi di fare tutto da solo: l’idea – Indoordiary.com – Grow, check, enjoy – andó online per un anno e mezzo. Iniziai a guadagnare con i guest post, ma chiusi del tutto blog e applicazione quando un’azienda californiana realizzó un’idea praticamente uguale – growdiaries.com – ma in maniera decisamente migliore e per il mercato americano.

In Italia comunque avevo messo da parte un bel pó di conoscenza sui linguaggi, sui processi, sulle applicazioni, sui database e quant’altro. Ho lavorato principalemte con C# e PHP, ma nelle aziende in cui ho lavorato, l’Open-Source era percepito come qualcosa di instabile, insicuro o non professionale, a differenza di sistema chiusi e gestiti da una grande azienda come Microsoft. Spesso a ragion veduta.

Ripeto: ho imparato tantissimo e ringrazieró per sempre alcuni dei miei vecchi capi, anche se ci sono stati degli attriti. Non scorderó mai per esempio, alla fine di un’esperienza durata circa 3 anni, il mio capo di allora, persona parecchio burbera diciamo – o di “altri tempi” – che mi disse “qui per te la porta é sempre aperta”. Grazie ancora, Gianni.

Ero peró davvero stanco dell’immobilitá, di quella schizofrenia e della costante paura di perdere il poco di guadagnato, del poco coraggio nell’affrontare nuove sfide, e dell’atteggiamento molto italiano del servilismo e del clientelismo. Inoltre, molte delle aziende in cui ho lavorato non erano aziende di prodotto, ma aziende che adattavano il proprio software gestionale al cliente di turno. Quindi, se il cliente non rinnovava il contratto, l’azienda era in crisi.

Perché i Paesi Bassi? Perché proprio Amsterdam?

Il primo febbraio del 2017 sono atterrato all’aeroporto di Schiphol con l’intenzione di lavorare ad Amsterdam. É stata una decisione maturata nei 6 mesi precedenti. Dopo aver deciso di lasciare il bel paese per tutti i problemi elencati sopra, dovevo solo decidere la destinazione: la mia prima scelta era la Spagna, ma sarei finito dalla padella alla brace visto che il livello di occupazione e i salari non erano cosí differenti da quelli italiani. La mia compagna suggerí l’Irlanda, soprattutto per via della sua reputazione di centro di eccellenza del software, ma l’idea non mi stuzzicava per tante ragioni. Cosí arrivammo ad un compromesso: i Paesi Bassi.

Lavorare all'estero come sviluppatore software - Amsterdam (Paesi Bassi)
Lavorare all’estero come sviluppatore software – Amsterdam (Paesi Bassi)

Come ho scritto poche righe piú su, la decisione fu presa 6 mesi prima di partire. In quei 6 mesi io e la mia compagna abbiamo avuto il tempo di raccogliere molte informazioni (non tutte) e andare piú volte ad Amsterdam, per parlare con le persone che giá abitavamo lí e per ambientarci un po’. Cosí scoprí che nel 2016 c’era carenza di sviluppatori software nei Paesi Bassi, e questa fu la molla principale.

E poi Amsterdam. All’epoca abitavo appena fuori Torino, e l’idea di vivere nella provincia olandese non mi sorrideva affatto, soprattutto per quello che sentivo essere l’ostacolo piú grande, ovvero la lingua: non sapevo una parola di olandese! Il mio inglese era arrugginito é vero, ma l’informazione principale che venne a galla quando mi documentai su come lavorare all’estero come sviluppatore software era che nelle principali cittá olandesi (e Amsterdam é la capitale) si parla inglese come seconda lingua, specialmente nell’ambito dello sviluppo software dove i team sono un mix eterogeneo di nazionalitá, proprio dovuto al fatto della mancanza di personale specializzato. Ormai era deciso, dovevo quindi solo migliorare il mio inglese e trovare un lavoro.

L’industria high tech nei Paesi Bassi

C’é chi ha definito i Paesi Bassi come la Silicon Valley Europea. In effetti molte aziende della Silicon Valley hanno uffici ad Amsterdam. Alcuni esempi sono Uber, Spotify, Netflix. Ci sono poi veri e propri unicorni, come Adyen. Nella sola Amsterdam ci sono almeno un migliaio di aziende IT, e LinkedIn é pieno di annunci di lavoro in cui si ricerca una qualche figura professionale nell’ambito: sviluppatori, devops, specialisti di qualche framework o piattaforma, e molto altro.

Riferendomi al solo mondo degli sviluppatori di software, quello che posso dire é che si ricercano tantissimi sviluppatori specializzati su qualche linguaggio Open-Source come PHP e Python. In piú, dovuto anche al grandissimo flusso di investimenti su start-ups e idee, ci sono tantissime aziende di prodotto. Questo significa un ritmo di lavoro diverso rispetto alle web agency che lavorano per costruire siti web o applicazioni per i propri clienti.

30% ruling

Come ho scritto qualche riga sopra, ho avuto il tempo di raccogliere moltissime informazioni sul lavorare all’estero come sviluppatore software, in particolare nei Paesi Bassi. Purtroppo peró, non ho approfondito come avrei dovuto la question del 30% ruling. Questo misterioso 30% ruling é un’agevolazione fiscale per chi, da un’altra nazione,trova lavoro nei Paesi Bassi.

Se vieni a lavorare nei Paesi Bassi da un altro paese, potresti sperimentare un costo della vita più alto di quello a cui sei abituato, per esempio, perché le spese vive qui sono più alte che nel tuo paese. Se è così, il tuo datore di lavoro può compensarti per questi cosiddetti ‘costi extraterritoriali’ non tassati. Il tuo datore di lavoro può anche scegliere di pagarti il 30% del tuo stipendio, costi extraterritoriali inclusi, esentasse. Questa è l’agevolazione del 30%.

Non male! Ci sono peró delle condizioni perché il 30% ruling sia accettato, e in generale sono:

  • hai un lavoro retribuito;
  • hai una competenza specifica che non si trova o si trova difficilmente sul mercato del lavoro olandese;
  • sei stato assunto fuori dai Paesi Bassi;
  • sei in possesso di una decisione valida.

La fonte migliore in questo caso é il sito del Belanstingdienst, tradotto letteralmente come “servizio fiscale”, ovvero l’agenzia delle entrate olandese, è il dipartimento governativo responsabile dell’accertamento e della riscossione delle tasse, dei dazi doganali e delle accise nei Paesi Bassi. Il sito é tradotto anche in inglese quindi non dovrebbe essere difficile trovare le informazioni necessarie.

Un consiglio: se decidete di lavorare all’estero come sviluppatore software, come devops o come Technical Support Specialist, accettando un contratto dall’Italia, ricordatevi che potete calcolare esattamente il netto che andrete a guadagnare con il Dutch Income Tax Calculator. Ricordatevi anche che il costo della vita nei Paesi Bassi é differente rispetto all’Italia, é più alto, quindi anche lo stipendio deve essere adeguato. Non accettate quindi uno stipendio in linea con le aspettative italiane. Sembra banale dirlo, ma mi é capitato di conoscere persone che, dall’Italia, hanno accettato un salario molto basso rispetto alla caro vita olandese. Come fare per conoscere il salario medio olandese della vostra figura professionale? Glassdoor può essere un buon punto di partenza.

Primo impatto

Il primo impatto é stato positivo, avevo qualche soldo da parte quindi sapevo di poter fare le cose bene e senza fretta. Con la mia compagna abbiamo passato i primi venti giorni in un airbnb ad Haarlem e da lí ci siamo organizzati per:

  • richiedere il codice fiscale olandese (BSN);
  • aprire un conto corrente olandese;
  • organizzarsi per sottoscrivere un’assicurazione sanitaria annuale;
  • cercare un appartamento ad Amsterdam;
  • muovere i primi passi nella vita e cultura olandese (vedi per esempio comprare una OV-Chipkaart).

In ogni caso, per chi pensa davvero di voler lavorare all’estero come sviluppatore software (ma non solo), e nei Paesi Bassi nello specifico, il consiglio é sempre quello di visitare i siti web ufficiali:

Nei primi due mesi ho frequentato un corso intensivo di inglese, questo mi ha permesso di uscire, conoscere persone e praticare la lingua.

Impossibile dire che non abbia avuto uno shock culturale, anche se ho cercato di avere un atteggiamento positivo e mantenerlo fin da subito. Non ero da solo e sicuramente in due é più facile. Grazie anche alle mie passioni, la musica per esempio, ho avuto vita facile nel conoscere nuove persone.

Shock culturale

Come dicevo, il primo impatto é stato positivo, anche perché nel giro di pochi mesi ho trovato lavoro e ho stretto contatti con molti italiani giá residenti, questo per via di alcune miei passioni, come la musica. Nel giro di 4 mesi lavoravo e uscivo ogni settimana. Ho girato Amsterdam in lungo e in largo in quei primi mesi, e ho imparato molto sulla cittá e sul suo modo di vivere:

  • nonostante la quantitá esagerata di biciclette, c’é comunque un enorme quantitá di furti: la mia prima bicicletta pagata 30 euro sparí nel giro di 6 mesi;
  • i concerti iniziano alle otto di sera e a mezzanotte é tutto finito;
  • ci sono molte regole qui, ma che se le rispetti nessuno ti verrá a disturbare;
  • si può vivere ad Amsterdam senza imparare olandese, ma che se lo parli, magari non benissimo, le persone del luogo ti vedranno sotto un’altra luce, e in maniera sicuramente più positiva;
  • la polizia non fa così paura come in Italia (qua ci sarebbe da scrivere un post a parte, ma preferisco lasciare così…);
  • gli olandesi, nonostante vengano dipinti come individualisti e concentrati solo su stessi, hanno una spiccata propensione all’aiuto dell’altro. Mi sono ritrovato più di una volta in mezzo alla strada con la bicicletta rotta per esempio, e ho ricevuto aiuto da perfetti sconosciuti che mi hanno permesso di tornare a casa in poco tempo sulle due ruote!

Ho notato anche del razzismo, ma io sono stato adolescente negli anni 90 quando la Lega Nord venne alla ribalta grazie all’alleanza con Forza Italia… di razzismo in Italia ne ho visto parecchio, prima verso i meridionali, poi quando i meridionali divennero italiani a loro volta per via dell’arrivo in massa degli immigrati dall’Africa, verso gli africani, quindi non mi sento di giudicare il livello di razzismo di altri popoli. Oltretutto, spesso ho percepito più razzismo da parte di olandesi di seconda o terza generazione (figli e nipoti di immigrati), che da parte degli olandesi autoctoni. Ma questo é un altro discorso.

Una buona regola: porta rispetto e verrai rispettato.

Sono passato attraverso tutte le fasi dello shock culturale: luna di miele, ansietà, aggiustamento e accettazione. Per quest’ultimo, devo dire che nonostante mi sia ormai adattato al mio nuovo modo di vivere, devo ancora trovare il mio posto nel nuovo paese. Il senso di euforia iniziale é finito da un bel pó, ma devo ancora provare quel senso di appartenenza che in realtá, anche in Italia, ho spesso fatto fatica a provare.

Dopo 5 anni

Gennaio 2022. Dopo 5 anni, e 2 di pandemia globale per colpa della SARS, se qualcuno mi chiedesse se ne é valsa la pena fino a qui, risponderei di sí. Ho conosciuto persone che non avrei mai conosciuto in Italia, ho vissuto esperienze che non avrei mai vissuto in Italia, ho lavorato su progetti su cui non avrei mai potuto lavorare in Italia e ho guadagnato come non avrei mai potuto guadagnare in Italia.

Basta questo per definirsi soddisfatti e felici? Credo di no: non é semplice gestire la lontananza dal proprio paese, non é semplice gestire la lontananza dalla propria famiglia, sopratutto in momenti critici puó essere esasperante, e poi la lontananza dai propri amici puó far pesare la solitudine come non mai. Ho conosciuto la societá olandese, quella che all’inizio mi ha affascinato per la sensazione di libertá, integrazione e senso di civiltá. Ho imparato a conoscerla meglio e ho scoperto i molti lati negativi e oscuri che ha.

Lavorare all’estero come sviluppatore software: sono partito nel 2017, lo rifarei, ma se dovessi dare un consiglio al mio Io del 2017, sarebbe quello di essere più arrogante e disilluso, fin da subito.

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